Torino, periferia della città, esterno notte, interno
centro commerciale. Non potevo trovare
al mondo posto più triste e squallido per fermarmi a meditare sulle giornate
zanzibarine. Nel tempio del consumismo gente rumorosa con bambini viziati,
video giganteschi con spot di dentifrici e carne in scatola, musica a palla da
qualche radio locale, colori violenti, sedie di plastica, odori fastidiosi di
cucine occidentali a buon mercato, hot-dog e pizza padana, e fuori la fredda
aria dell’inverno bossiano.
Dove sono le sabbie bianche, le spiagge infinite, le
maree, le palme, gli occhi incantati dei bambini africani, le manine nere che
salutano dal bordo strada, jambo mambo? Dove sono i baobab, i guru-guru, le
stelle marine, l’amarula e i profumi di una terra rossa e generosa?
Chiudo gli occhi e torno indietro nel tempo:
Esterno giorno, Zanzibar 30 gennaio 2004, mattino ore
7.
Apro la porta e giro a sinistra, inforco i
vialetto e mi spingo sulla spiaggia a guardare un po’ di uccelli; in sottofondo
il rumore di onde lontane che si infrangono sul Reef, il vento e il concerto
dei Tessitori dorati posati sulle Casuarine. Nell’aria odore di sale, di alghe
e spugne spiaggiate; il caldo è avvolgente ed il sole è già forte. La sabbia
sprofonda sotto il peso dei miei piedi nudi: Zanzibar gennaio 2004 benvenuti in
paradiso.
Apro la porta e giro a sinistra, inforco i vialetto che porta alla stalla, saluto l’asinella Florence con un bacino sul naso e un po’ di fieno. Esco con i cani nei campi a guardare un po’ di uccelli se la nebbia lo permette. In sottofondo il rumore di autostrade lontane cariche di macchine rumorose, un gallo e qualche passero, nell’aria odore di fieno e porcilaie; il freddo è intenso e pungente ed il sole non si vede proprio. La neve ghiacciata scricchiola sotto il peso delle mie scarpe pesanti: Pianura Padana febbraio 2004 bentornati nell’inferno di Bossi.
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