domenica 4 giugno 2017

Acquerellisti in natura



“Con addosso la camicia e sottili brache di lino, senza calze ho passato molte ore felici dipingendo in natura dal vivo”. Scriveva così Thomas Jones  (1742-1803) pittore “en plein air” inglese rapito dalle luci del paesaggio italiano durante la sua permanenza tra il 1776 e il 1783.


Thomas Jones.  Lungo la strada per Santa Maria de Monti Napoli, 1781

E’ questa la nuova tipologia dell’artista nel settecento, che lasciati l’atelier, il cavalletto, le tele ingombranti, va in cerca di esperienze diverse, e la tecnica dell’acquerello  fino ad allora  considerata marginale diventa la protagonista di quel periodo. In Inghilterra tra il 1750 e il 1850 si assiste alla nascita del “The golden age of british watercolors” ( il Secolo d’Oro dell’acquerello inglese), uno degli avvenimenti più importanti della storia dell’arte moderna dove il paesaggio e la sua rappresentazione prendono il posto di preminenza fino ad allora occupato dal ritratto o dalla rappresentazione storica. Sono gli anni del “Grand Tour” ( viaggio condotto da giovani aristocratici europei per ampliare i loro orizzonti culturali nel vecchio continente) che vide un esercito di acquerellisti, soprattutto inglesi armati di pennello e taccuino, riportare sulla carta con dovizia di particolari paesaggi e architetture dell’Europa continentale,  con una predilezione per l’Italia e le sue città d’arte.

Albert Goodwin. Verona, 1896

Edward Lear  Dubrovnik, 1866


Joseph Mallord William Turner,
Vesuvius and the Sorrentine Peninsula from Via Posillipo, 1819

L’impiego dell’acquerello nel corso dei viaggi  è una delle più antiche e caratteristiche applicazioni di questa tecnica, preferita ad altre per la sua praticità e il ridotto volume di materiali da portare sul campo. Tra gli acquerellisti inglesi  Edward Lear, e William Turner, solo per citarne un paio, lasciano il segno nella storia dell’arte e dell’acquerello. Edward Lear, scrittore e  artista inglese (1812-1888), famoso per il suo  “Libro dei nonsense”, lascia l’Inghilterra nel 1837 per un lungo viaggio di scoperta nei paesi del Mediterraneo: i suoi paesaggi raccontano meglio di tante fotografie le atmosfere gli usi e i costumi dei paesi che si affacciano sul Mare nostrum  dall’Italia alla Turchia passando per l’Albania e Malta. La produzione artistica  dell’inglese Joseph Mallord  William Turner (1775-1851) è monumentale: nel corso dei suoi numerosi viaggi europei riempie un numero impressionante di taccuini conservati alla Tate Gallery di Londra, circa 30.000 tra disegni e acquerelli che raccontano meglio delle parole il “pittore della luce”.

Francis Towne. Il Palatino dal Foro Romano, 1781

Johann Heinrich Schilbach. Costa di Amalfi, 1825

Frank Randal. Resegone, 1885



L’acquerello viene utilizzato a partire dal seicento  anche nella rappresentazione del mondo naturale così come ben documentato dal lavoro dei numerosi pittori naturalisti al seguito delle spedizioni scientifiche e le esplorazioni transoceaniche.
John White, Archosargus probatocephalus, acquerello c.1585 - 1593
 
Primo tra loro l’artista inglese John White (attivo tra il 1585 e il 1593) che partecipò alle spedizioni nella Virginia americana, da poco scoperta e colonizzata, per dipingervi ad acquerello flora fauna e paesaggi. Ma anche i lavori ad acquerello realizzati durante le esplorazioni in terre lontane servivano come base per le incisioni che avrebbero impreziosito le pubblicazioni scientifiche sul tema. Solo verso la fine del XIX l’opera di alcuni grandi pittori naturalisti influenzerà in modo decisivo le future generazioni affinché il lavoro ad acquerello sia opera definitiva e non solo mero passaggio di studio o bozzetto preparatorio. Merita ricordare tra i padri spirituali dell’attuale pittura naturalistica l’ornitologo americano  Louis Agassiz Fuertes (1874-1927), il pittore naturalista inglese Charles Frederick Tunnicliffe  (1901 1979) e  Vincent Fossat (1822-1891) pittore naturalista francese.
 
Louis Agassiz Fuertes, Pterocles quadricinctus, 1927

Vincent Fossat, Coprinus comatus, c. 1875 -1890

Charles Frederick Tunnicliffe, Falaropo di Wison, 1958
 
 
“Il fascino dell’acquerello non si limita alla sua freschezza ed alla sua spontaneità o a quell’impressione di apparente evanescenza che induce alla divagazione sognante o alla meditazione; si manifesta anche attraverso una certa magia dovuta alla limpidezza e alla trasparenza dei suoi colori”, con queste parole Gerald Bauer, nella premessa al suo  libro “Il Secolo d’Oro dell’acquerello inglese”, restituisce preziosità e importanza all’acquerello e inconsapevolmente alla sua funzione nella rappresentazione del mondo naturale: solo l’acquerello infatti saprà regalare più di altre tecniche attraverso la “limpidezza e la trasparenza dei suoi colori”, la consistenza e la luce di molte forme naturali:  come la fragilità dei petali di un papavero, le trasparenze e i colori cangianti della pelle dei pesci, il soffice piumaggio di un volatile.
Lorenzo Dotti. Gabbiano comune, 2016
 
 
 

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