mercoledì 4 marzo 2020

Gunnar Widforss, dipingere la luce




Sono caduto dentro un libro che racconta la vita di un acquerellista svedese tanto famoso in America quanto sconosciuto ai più nel resto del mondo.                                                          
“Vorrei essere un selvaggio e non avere mai visto un quadro, forse allora potrei cogliere meglio, o più correttamente, i colori. Le idee che ho avuto finora sulla luce e l’ombra qui sono del tutto inapplicabili. Le ombre sono così piene di luce, è un puro godimento solo guardarle” Così scrive Gunnar Widforss, in una lettera alla madre dalla Tunisia nel 1919. Quelle stesse luci, ombre e riflessi violenti  Gunnar le troverà nel Grand Canyon in America e saranno le protagoniste fino alla morte delle sue formidabili pennellate.



Il libro si intitola “L’arte della fuga” dello scrittore ed entomologo svedese Fredrik Sjöberg edito da Iperborea nel 2017.

Scrive così Fabrizio Rinaldi a proposito di G. Widforss  e del libro a lui dedicato: “Qui gli unici a conoscere Gunnar Widforss (1879-1934) sono coloro che hanno letto il libro di Fredrik Sjöberg L’arte della fuga, nel quale l’autore cerca di ricostruire la vita dell’acquarellista svedese che tra fine Ottocento e inizio Novecento immortalò nei suoi dipinti soprattutto i parchi americani.
Mentre in patria era ignorato, negli Stati Uniti era considerato l’acquarellista più bravo nel raffigurare i grandi spazi, tanto che una delle vette Gran Canyon è a lui intitolata. Sjöberg ricostruisce meticolosamente, attraverso le lettere alla madre e agli amici, la sua vicenda biografica, caratterizzata da una quasi maniacale rappresentazione della bellezza paesaggistica.
Widforss visse in perenne fuga, inseguito da una malinconia che non riusciva a scacciare, costretto a una solitudine non cercata, oppresso dall’impellente necessità di sostenersi economicamente e da guai sentimentali che per decenza rimandiamo alla lettura del libro.
Il suo pregio maggiore è la capacità di rendere evidente la profondità dei panorami: ogni cattedrale naturale, ogni spuntone di roccia, ogni anfratto della montagna raffigurati nei suoi acquarelli, è avvolto in una luce calda che ne incrementa la spazialità. La luce restituisce anche la sensazione di calore percepita dal pittore mentre dipingeva, oltre alla presumibile serenità interiore che si raggiunge nell’istante dell’atto creativo”. (Fabrizio Rinaldi, I colori di Gunnar Widforss 2018)

Consiglio caldamente a tutti la lettura del libro L’arte della fuga, di Fredrik Sjöberg e la visione degli acquerelli di Gunnar Widforss per rimanerne incantati e provare (cascandoci dentro almeno con lo sguardo) a rapire qualche segreto di questo grande acquerellista
Death Valley 1934, acquerello

Grand Canyon, acquerello


Grand Canyon dal North Rim, 1924, acquerello

Gunnar mentre dipinge ad Alisomar, California 1925

Grand Canyon, 1928, acquerello

Monument valley, 1929, acquerello

Phantom Ranch, 1925, acquerello

Sentinel Rock, 1923, acquerello

Yosemite Valley, 1925, acquerello

Villaggio, Lofoten, 1918, acquerello

Linkografia:
http://www.gunnarwidforss.org/index.htm
https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2018/12/I-colori-di-Gunnar-Widforss.pdf

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