“Il
fascino dell’acquerello non si limita alla sua freschezza ed alla sua
spontaneità o a quell’impressione di apparente evanescenza che induce alla
divagazione sognante o alla meditazione; si manifesta anche attraverso una
certa magia dovuta alla limpidezza e alla trasparenza dei suoi colori” con
queste parole Gerald Bauer, nella premessa al suo libro “Il Secolo d’Oro dell’acquerello inglese”
2001, restituisce preziosità e importanza all’acquerello e inconsapevolmente
alla sua funzione nella rappresentazione del mondo naturale: solo l’acquerello
infatti saprà regalare più di altre tecniche attraverso la “limpidezza e la
trasparenza dei suoi colori”, la consistenza e la luce di molte forme naturali: come la fragilità dei petali di un papavero,
le trasparenze e i colori cangianti della pelle dei pesci, il soffice piumaggio
di un volatile.
Dipingere natura è un mestiere antico che trasforma l’uomo
da cacciatore di selvaggina a osservatore attento del mondo che lo circonda,
perché riportare sulla carta le forme e i colori di un animale o una pianta è
un atto di conoscenza; i pittori naturalisti disegnano quindi per conoscere e
far riconoscere ad altri attraverso un tratto o una pennellata il variegato e
policromo universo delle scienze naturali. Fin dal rinascimento la tecnica
dell’acquerello viene utilizzata dagli artisti per gli studi preparatori delle
loro opere e per eseguire dal vivo studi sulle scienze naturali e la pittura di
paesaggio come i freschissimi lavori di Albrecht
Durer (1471-1528) che durante i suoi viaggi dipinse ad acquerello paesaggi,
piante e animali.
Albrecht Dürer,
Ala sinistra di Ghiandaia marina, c. 1500/1512, acquerello e tempera su
pergamena.
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Ma bisogna aspettare il XVIII secolo perché la tecnica
dell’acquerello, fino ad allora considerata marginale, venga riconosciuta e
valorizzata: in Inghilterra tra il 1750 e il 1850 si assiste alla nascita del “The
golden age of british watercolors” ( il Secolo d’Oro dell’acquerello inglese),
uno degli avvenimenti più importanti della storia dell’arte moderna dove il
paesaggio e la sua rappresentazione prendono il posto di preminenza fino ad
allora occupato dal ritratto o dalla rappresentazione storica. Sono gli anni
del “Grand Tour” ( viaggio condotto da giovani aristocratici europei per
ampliare i loro orizzonti culturali nel vecchio continente) che vide un
esercito di acquerellisti, soprattutto inglesi armati di pennello e taccuino,
riportare sulla carta con dovizia di particolari paesaggi e architetture
dell’Europa continentale, con una
predilezione per l’Italia e le sue città d’arte. L’impiego dell’acquerello nel
corso dei viaggi è una delle più antiche
e caratteristiche applicazioni di questa tecnica, preferita ad altre per la sua
praticità e il ridotto volume di materiali da portare sul campo. Tra gli
acquerellisti inglesi Edward Lear, e
William Turner, solo per citarne un paio, lasciano il segno nella storia
dell’arte e dell’acquerello. Edward Lear, scrittore e artista inglese (1812-1888), famoso per il
suo “Libro dei nonsense”, lascia
l’Inghilterra nel 1837 per un lungo viaggio di scoperta nei paesi del
Mediterraneo: i suoi paesaggi raccontano meglio di tante fotografie le
atmosfere gli usi e i costumi dei paesi che si affacciano sul Mare nostrum dall’Italia alla Turchia passando per
l’Albania e Malta.
Edward Lear, Porto Venere, acquerello 1860
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Joseph Mallord
William Turner, Tivoli 1819
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John White, Archosargus probatocephalus, acquerello c.1585/1593
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Ma anche i lavori ad acquerello realizzati durante le
esplorazioni in terre lontane servivano come base per le incisioni che
avrebbero impreziosito le pubblicazioni scientifiche sul tema. Solo verso la
fine del XIX l’opera di alcuni grandi pittori naturalisti influenzerà in modo
decisivo le future generazioni affinché il lavoro ad acquerello sia opera
definitiva e non solo mero passaggio di studio o bozzetto preparatorio. Merita
ricordare tra i padri spirituali dell’attuale pittura naturalistica l’ornitologo
americano Louis Agassiz Fuertes
(1874-1927), il pittore naturalista inglese Charles Frederick Tunnicliffe (1901 1979) e Vincent Fossat (1822-1891) pittore naturalista
francese.
Louis Agassiz Fuertes, Album of Abyssinian birds and mammals, 1927 |
Charles Frederick Tunnicliffe, Falaropo di Wison, acquerello
1958
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Vincent Fossat, Coprinus comatus, acquerello c. 1875/1890
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Personalmente dipingo quando in testa si accende la
lampadina, quando i pennelli scalpitano e la carta non vede l’ora di essere
accarezzata: questa è la benzina di un
acquerellista “en plein air”.
Lorenzo Dotti, Falco cuculo femmina 2008 |
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