Cuba. Villa Covarrubias, costa orientale provincia di Las Tunas, luglio 2001.
“Paletuvieri. Leggendo Salgari, quanto abbiamo sognato sui paletuvieri, accanto al babirussa, al baniano e al baobab. Ma mi pare che Salgari nomini anche le mangrovie. Siccome non aveva mai viaggiato e reagiva solo al suono magico di parole lette sui libri, mi pare non abbia mai realizzato che i paletuvieri sono le mangrovie. L’ho capito solo quando in terre tropicali ho incontrato questi alberi che sgambettano nell’acqua coi loro arti rachitici. Ora leggo che le mangrovie stavano scomparendo a causa dell’allevamento artificiale dei gamberetti. Ma dopo qualche tsunami si è capito quanto quei vegetali facessero barriera contro le furie del mare e si è ricominciato a ripiantarli. A scapito dei gamberetti, immagino, ma possiamo fare a meno dei gamberetti pur di vedere ancora zampettare a pelo d’acqua i nostri amati paletuvieri”.
Dice bene Umberto Eco a proposito della straordinaria funzione di diga-naturale che le mangrovie svolgono lungo le coste dei mari tropicali contro l’erosione del mare. Foreste di confine tra il mare e la terra le mangrovie conservano il fascino di un ambiente selvaggio e primordiale dove piante e animali si sono adattati a vivere in condizioni estreme tra salinità e flusso delle maree. La canoa o altra imbarcazione di piccole dimensioni, è il mezzo migliore per visitarle e il momento topico è il passaggio tra alta e bassa marea: entro nel canale principale a marea alta e mi perdo perlustrando i canali laterali che si presentano come tunnel verdi e rigogliosi, zigzagando tra radici aeree, pneumatofori e giovani piantine di Mangrovia rossa (Rhizophora mangle). Tutto intorno un silenzio ovattato, rotto solo dai versi degli Aironi dorsoverde e dal volo di Avvoltoi collorosso. Quando la marea comincia a calare, il canale si trasforma in fiume che il mare si riprende con dolcezza, smetto di pagaiare e mi lascio trasportare dalla corrente che mi riporta verso l’oceano. Covarrubias, Cuba luglio 2001
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