Sono caduto
dentro un libro che racconta la vita di un acquerellista svedese tanto famoso
in America quanto sconosciuto ai più nel resto del mondo.
“Vorrei essere un selvaggio e non avere mai
visto un quadro, forse allora potrei cogliere meglio, o più correttamente, i
colori. Le idee che ho avuto finora sulla luce e l’ombra qui sono del tutto
inapplicabili. Le ombre sono così piene di luce, è un puro godimento solo
guardarle” Così scrive Gunnar Widforss, in una lettera alla madre dalla
Tunisia nel 1919. Quelle stesse luci, ombre e riflessi violenti Gunnar le troverà nel Grand Canyon in America
e saranno le protagoniste fino alla morte delle sue formidabili pennellate.
Il libro si intitola “L’arte della
fuga” dello scrittore ed entomologo svedese Fredrik Sjöberg edito da Iperborea
nel 2017.
Scrive così Fabrizio Rinaldi a
proposito di G. Widforss e del libro a
lui dedicato: “Qui gli unici a conoscere
Gunnar Widforss (1879-1934) sono coloro che hanno letto il libro di Fredrik
Sjöberg L’arte della fuga, nel quale l’autore cerca di ricostruire la vita
dell’acquarellista svedese che tra fine Ottocento e inizio Novecento immortalò
nei suoi dipinti soprattutto i parchi americani.
Mentre
in patria era ignorato, negli Stati Uniti era considerato l’acquarellista più
bravo nel raffigurare i grandi spazi, tanto che una delle vette Gran Canyon è a
lui intitolata. Sjöberg ricostruisce meticolosamente, attraverso le lettere
alla madre e agli amici, la sua vicenda biografica, caratterizzata da una quasi
maniacale rappresentazione della bellezza paesaggistica.
Widforss
visse in perenne fuga, inseguito da una malinconia che non riusciva a
scacciare, costretto a una solitudine non cercata, oppresso dall’impellente
necessità di sostenersi economicamente e da guai sentimentali che per decenza
rimandiamo alla lettura del libro.
Il
suo pregio maggiore è la capacità di rendere evidente la profondità dei
panorami: ogni cattedrale naturale, ogni spuntone di roccia, ogni anfratto
della montagna raffigurati nei suoi acquarelli, è avvolto in una luce calda che
ne incrementa la spazialità. La luce restituisce anche la sensazione di
calore percepita dal pittore mentre dipingeva, oltre alla presumibile serenità
interiore che si raggiunge nell’istante dell’atto creativo”. (Fabrizio Rinaldi,
I
colori di Gunnar Widforss 2018)
Consiglio caldamente a
tutti la lettura del libro L’arte della
fuga, di Fredrik Sjöberg e la visione degli acquerelli di Gunnar Widforss
per rimanerne incantati e provare (cascandoci dentro almeno con lo sguardo) a
rapire qualche segreto di questo grande acquerellista
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Death Valley 1934, acquerello |
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Grand Canyon, acquerello |
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Grand Canyon dal North Rim, 1924, acquerello |
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Gunnar mentre dipinge ad Alisomar, California 1925 |
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Grand Canyon, 1928, acquerello |
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Monument valley, 1929, acquerello |
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Phantom Ranch, 1925, acquerello |
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Sentinel Rock, 1923, acquerello |
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Yosemite Valley, 1925, acquerello |
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Villaggio, Lofoten, 1918, acquerello |
Linkografia:
http://www.gunnarwidforss.org/index.htm
https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2018/12/I-colori-di-Gunnar-Widforss.pdf